La differenza della vita nei boschi e dello stato sociale (1823)

No. 237 (PSW 11, p.322-332)

Nerin e Philo, due amici, si visitavano ogni anno nello stesso giorno e nello stesso luogo in cui si erano conosciuti per la prima volta per rinnovare il legame della loro amicizia sigillata all’epoca.

Il quarto anno ebbero la seguente conversazione sotto l’ombra degli alberi di cui era pieno questo luogo.

Nerin: Dopo tutto ciò che ho saputo finora non mi è ancora chiaro quale sia la differenza tra la vita nei boschi e lo stato civile sociale; al contrario, vedo ogni giorno di più che il più forte sia in uno stato che nell’altro fa uso sia per tenaglia che per amo di quello più debole, non appena vede qualcosa nell’acqua o nel fuoco che preferisce togliere o pescare con una mano straniera e non con la propria.

Philo: È così in generale, quando l’uomo nello stato sociale non viene portato a riconoscere una verità superiore e un diritto superiore che quelli che possiede in un’opinione prevenuta sensuale-animale di questi oggetti già nella vita nei boschi.

Nerin: E cos’è questa verità superiore che l’uomo nello stato sociale deve riconoscere per rendersi davvero elevato in questo stato, più di quanto lo possa essere nella semplice vita dei boschi?

Philo: Altro non è che la cognizione che la benedizione dello stato sociale, sia nella sua influenza sulla vita privata dei suoi singoli membri che sullo stato pubblico della vita sociale in generale, non deriva dalla carne e dal sangue della nostra natura sensuale-animale, bensì dallo spirito e dalla vita dell’essenza interiore e divina della nostra umanità stessa.

Nerin: Ma può la cognizione di questa verità derivare dallo scrivere e dall’aspirazione dello stato sociale come tale?

Philo: No, la pura opinione di una tale verità superiore e di un tale diritto superiore non può derivare dalla natura dello stato sociale come tale, sicuramente però lo stato sociale può - tramite il ravvivamento dell’essenza interiore e divina della natura animale negli individui della società tramite la purificazione e la santificazione di essa stessa in tutti i ceti, essere portato in accordo con le pretese di una tale verità superiore e di un tale diritto superiore. Questo però può succedere solo se i singoli membri dello stato sociale in tutti i ceti si elevano oltre l’egoismo della loro natura sensuale e delle loro pretese.

Nerin: È vero. La pura essenza di tutte le vere fondamenta della benedizione umana, l‘umanità stessa, non deriva assolutamente dai sentimenti, le opinioni o le tendenze che sono di proprietà dello stato collettivo del nostro genere, ma solo dai sentimenti, le opinioni e le tendenze che considerano e si appropriano della nobilitazione individuale del nostro genere e del loro deciso porsi sopra le tendenze della nostra natura animale e sensuale.

Questa però non è assolutamente cosa dello stato sociale; l’impulso non deriva assolutamente dalla natura di questo stato e tantomeno è ravvivata dalle forme e le formazioni di questa nella purezza della sua essenza interiore. Non possiamo nasconderci; L’aspirazione, i sentimenti, le idee e le abilità che fanno parte della nobilitazione individuale del nostro genere, motivarli così psicologicamente puri e profondi quanto sarebbe necessario se dovessero essere riconosciuti come più alta legge della propria associazione dallo stato sociale, non è nell’essenza dello stato sociale. Non può però neanche esserlo.

Al contrario è vero che sia la natura essenziale dello stato sociale che le sue forme e le sue formazioni si oppongono a seguito del sovrappeso della loro opinione collettiva e trattamento del genere umano alle pretese essenziali della nobilitazione individuale di questa, con grandi stimolazioni sensuali ed espandono, nutrono e ravvivano nella massa del popolo e in tutti i ceti tentazioni, idee, pretese e abitudini quasi irresistibili, che si oppongono alle essenziali necessità della sua nobilitazione, cioè alla progressiva crescita delle forze spirituali, morali, domestiche e civili che sono alla base e al contempo derivano dall’umanità e tutte le sue benedizioni.

È indiscutibile; alla cultura di massa del nostro genere e all’unica cura di massa possibile mancano fondamenta essenziali che considerano l’esistenza solida e assicurata della cultura individuale. – Di più, la cultura di massa del nostro genere giace su fondamenta indiscutibilmente opposte alle pretese della nostra cultura individuale. La cultura di massa, e con essa le forme e formazioni essenziali dello stato sociale, derivano indiscutibilmente soprattutto dalle pretese della nostra carne ed il nostro sangue. La cultura individuale e le necessità essenziali della nostra nobilitazione morale e spirituale così come della nostra vita e benessere domestico derivano soprattutto dalle pretese della nostra essenza interiore, superiore e divina.

Philo: Se si interpreta questa opinione più profondamente nel contesto psicologico con l’essenza della natura umana, si spiega molto chiaramente perché lo stato sociale nella nostra metà appare così eclettico  come solo un mutamento artificiale della disgustosa e cruda facciata esterna dell’inselvatichimento nella vita nei boschi, in una forma artificiale che attenua ciò che è disgustoso e crudo di questa facciata esterna, conservandone però l’interiorità dell’inselvatichimento di questa facciata esterna, il cui inganno si eleva spesso fino all’apparenza dell’estetica e appare in costumi che nella nostra arte sartoriale temporanea potrebbero fare onore non solo alle dame vanitose ma addirittura alla più orgogliosa armata del nostro continente. Finché l’arte di questo mutamento della crudezza animale della vita nei boschi è portata avanti in gradevoli forme del deterioramento della civilizzazione; allora è indiscutibile che senza il riconoscimento della verità superiore, che ha origine nelle profondità dell’essenza interiore dell’umanità, neanche il singolo uomo, men che meno la massa dello stato sociale, può elevarsi oltre i sentimenti, le opinioni e le tendenze egoiste della natura umana sensuale e animale e sull’ingiustizia, la crudeltà e l’ignobiltà che essenzialmente vi convivono verso i principi della vera umanità. Il senso animale del nostro genere non conosce ciò che è essenziale dell’umanità e le pretese che derivano dalla sua essenza interiore e divina. Non può riconoscerle. Il riconoscimento della loro essenza pura, sacra e priva di egoismo non è una conseguenza dell’esperienza di coste esteriori, non è una conseguenza delle esperienze delle manifestazioni nella loro forma esteriore; è un’esperienza di me stesso in me stesso e della mia forza su me stesso e sulla mia essenza sensuale e animale. Tuttavia lo stato sociale, che nella sua essenza non deriva dalle esperienze individuali interiori di me stesso in me stesso, ma dall’esperienza di cose esterne e di condizioni esterne e della loro impressione su di me, devia in tutti ceti non certo all’espansione, il nutrimento e il ravvivamento delle mie esperienze in me stesso, ma molto più al ravvivamento e all’espansione di esperienze di manifestazioni esterne che derivano dall’egoismo della nostra natura animale.

Nerin si meravigliò. Questa opinione gli sembrò al contempo importante e chiara, e Philo continuò: Tutte le persone che si limitano alla cerchia di esperienze esterne e sensuali arrivano generalmente al punto di limitare l’obiettivo dello stato sociale in tutti i ceti sull’espansione, l’assicurazione e l’acquietamento di godimenti della sensualità abitudinali; in questo modo sopprimono però in se stessi la forza della nostra vera umanità.

Da questa opinione diventa poi chiarissimo perché particolarmente in giorni in cui il sensuale egoismo di tutti i ceti tramite la loro aumentata arte, se non violenta però sicuramente così avida e indomita quanto mai di mettere contro così tante persone reciprocamente nei diversi ceti nello stato sociale facendo pretese così passionali all’umanità e si denunciano reciprocamente sull’infrazione dell’umanità. E proprio da questa opinione diventa chiaro quanto sia facile al giorno d’oggi per alcune persone arrivare al punto di ritenere, pienamente convinti, che l’uomo non possa essere portato a fare ciò che da esso viene preteso tramite il convincimento della giustizia, ma indiscutibilmente solo con la falsità, la violenza, il terrore e la dispersione, per far ciò che fa l’inganno spesso nullo e errante delle condizioni esterne indipendentemente dalle pretese interiori della sua natura, con la soppressione e lo storpiamento delle risorse di forza che la provvidenza divina gli ha messo in mano per la motivazione della sua autonomia morale, spirituale e domestica.

Prima di dividersi, i due amici si chiesero con quali mezzi si potesse combattere il progresso di deterioramento della civilizzazione che ai giorni nostri devasta in modo così generale con l’indomito egoismo tutti i ceti dello stato sociale, e concordarono sul fatto che potesse accadere solo con mezzi adatti a rinnovare le forze di benedizione morali, spirituali e domestiche della natura umana profondamente nell’essenza degli individui del nostro genere, per procurare loro un sovrappeso sul deterioramento sociale, che sotterra le sorgenti della benedizione umana in tutte le direzioni.

Crederono che l’unica cura dei nostri giorni consistesse nel più accurato sviluppo dei mezzi di istruzione delle singole forze di benedizione che esistono realmente in tutti i ceti del paese e il cui spazio ampliato e santificato sfida, direi, la difficoltà dei tempi in modo così essenziale. Lo trovarono essenzialmente nell’aumento delle forze domestiche del popolo in tutti i ceti e videro la possibilità di questo aumento solo nella semplificazione dei mezzi di dispiegamento e di istruzione di queste forze così come nella semplificazione dei suoi metodi di applicazione, cose possibili solamente tramite una netta retrocessione dei nostri ceti verso la più forte e semplice innocenza dei nostri padri, diminuendo in questo modo solo la maggior parte dei nostri abitanti dipendenti, bisognosi e in cerca di grazia e aumentando il numero di concittadini forti e indipendenti in tutti i ceti per creare così una nuova base per una più solida autonomia di questi nella nostra metà. Detto in poche parole, credevano che per diminuire il male del nostro tempo si dovesse accudire e curare ogni germoglio di nobiltà, bontà e bellezza con nobile riguardo affinché potesse mostrare anche solo una mezza vita, ponendo un freno soprattutto alle sorgenti dei mali particolarmente grandi del paese, anziché mostrare con gran clamore una fatica superflua e inutile durante le conseguenze. Dissero anche che bisognasse togliersi il cappello in anticipo dinanzi alla verità e al diritto, quando questi apparissero in generose manifestazioni tra di noi, e anche se queste si mostrassero in figure deboli e impotenti, direi in robe da mendicanti, non sputar loro in faccia come gli uomini animaleschi asiatici fanno con i loro servi.

La loro ultima grande parola fu questa: La nobilitazione della vita domestica in tutti i ceti e la creazione di scuole nazionali che fossero adatte a promuovere la preghiera, il pensiero e il lavoro con profondità psicologica e in accordo ad una domesticità nobilitata con tutte le necessità in tutti i ceti, è l’unico vero punto d’inizio di metodi d’aiuto veri e comuni contro le apparizioni un milione di volte disuguali dell’essenza interiore del nostro deterioramento del tempo, contro il quale il mondo in tutti i ceti innalza grandi grida di lamento da molto tempo, mentre però sono solo pochi di questi lamentanti a mostrare grande voglia e grande destrezza a guardare più profondamente nel paiolo in cui bolle l’essenza interiore di questo deterioramento e trabocca quotidianamente di più in mezzo a noi.